Se ci fosse Sandro Ciotti….

  • Di Antonio Mazzotta

Se ci fosse Sandro Ciotti direbbe con la sua inconfondibile voce:
<…palla ad Emiliano che salta l’uomo ed “apre a destra” verso l’accorrente Pippi Mellone che “va oltre” la linea di centrocampo, scende sulla fascia e al vertice dell’area di rigore crossa al “centro” dove ad aspettarlo trova il nuovo entrato Ruggeri…> .
Eh si, se non fosse vero che il compianto Sandro ormai non c’è più, non avremmo difficoltà ad immaginare che questo raccontino semiserio potremmo realmente ascoltarlo per radio.
Che la Politica sia nel pallone è sotto gli occhi di tutti!
Che sia paragonabile ad un mercato calcistico è altrettanto inconfutabile. Se contiamo i cambi di casacca che si sono annotati in questa legislatura arriviamo ad oltre 500 cambi tra Camera e Senato. Un cambio ogni 3 giorni e mezzo!!!
E se è vero, come è vero, che la politica nazionale è nel pallone cosa dire di quella regionale?
La differenza sta nel fatto che la partita regionale si gioca da ormai troppi anni sulle spalle dei cittadini pugliesi ed in particolar modo dei cittadini salentini!
La tracotanza del centrale d’attacco barese non si ferma neppure dinnanzi all’ipotesi che la sua maggioranza possa sfiduciarlo; a tal punto da sentirsi autorizzato a dire che “apre a destra”.

A Bari si viaggia a fari spenti nella notte. E tutto questo fa persino rimpiangere il disastro vendoliano. Ma quello che più conta è il risultato che il SALENTO PAGA per restare inascoltato nonostante il grosso contributo che le forze politiche, UDC, e associazionistiche, Andare Oltre, danno al Presidente “cangiante”.
Allora quale partita vogliamo giocare in vista delle prossime politiche?

Ovviamente Noi vogliamo giocarci una partita importante! E tutte le forze politiche di opposizione dovrebbero agitare dinnanzi al panzer un grossissimo divieto di svolta a destra.
Impensabile accettare simili provocazioni. Inaudito stare a sinistra nel governo regionale e a destra nella coalizione delle prossime politiche. Insignificante replicare il M5S con associazioni similari che si fanno la guerra tra di loro dimostrando infine che un voto a loro dedicato è un voto del tutto inutile.
Le forze che si ispirano ai valori della destra non possono e non devono accettare questi trasformismi, questi virtuosismi di persone che pur di mantenere il loro potere sono camaleonticamente pronti a cambiare pelle.

Vale per tutti. Se si decide di stare a destra si opta per ragioni di un neoconservatorismo. E non dobbiamo aver paura di usare il termine “conservatore”. Anzi mi auguro che torni in auge e venga utilizzato in piena consapevolezza del suo valore. In un’epoca che ha confuso destra e sinistra dando i natali ai movimenti, “ossia al nulla”, quello che oggi ci distingue dalla sinistra è che Noi crediamo e teniamo molto alle nostre radici, in contrapposizione al progressismo di una sinistra sempre più permissiva, slegata ed accattona che pur di recuperare voti e potere è disposta a scimmiottare perfino alcune idee che appartengono alla destra. Quindi una sinistra “elettorale” fatta di slogan solo per incassare voti.

Io non voglio una destra “elettorale”, tirata fuori al momento delle elezioni e poi svenduta al miglior offerente, sia esso un cavaliere decaduto oppure un lombardo autonomista; voglio una destra di principi e valori, una destra politica e conservatrice, che sappia fare i conti con la realtà che la circonda, ma allo stesso tempo una destra passionale, romantica. Perché è la passione a far muovere le idee, a scaldare gli animi.
Una destra conservatrice e romantica. Essere conservatori non è un’offesa. Anzi, in un mondo che cambia con la velocità di un “clic”, che non guarda più in faccia nessuno, a mio avviso è necessario avere dei valori a cui aggrapparsi, tenersi saldi, come un’ancora tiene salda una nave anche in balia delle onde. Quindi si può essere conservatori e moderni. Voglio essere conservatore se mi identifico nel tricolore, se amo il mio Paese, se non lo svendo all’Europa, se dico “prima gli italiani”, se do il benvenuto al migrante che rispetta le mie regole, insomma voglio essere conservatore perché ho bisogno di sentirmi ancora una comunità. Una Nazione.

Sentirsi una comunità in un mondo che da una parte globalizza e dall’altra localizza è il compito più arduo che un neoconservatore deve affrontare. Perché se è vero che da una parte viviamo la globalizzazione spregiudicata, è vero anche che dall’altra aumenta il desiderio di identità territoriale. È proprio per questo che nascono le associazioni, proliferano le leghe. Associazioni, leghe, clan che si contrappongono al concetto di comunità, di Nazione!
Ed io invece sono nazionalista! E chi decide di stare a destra non può non essere nazionalista. Chi decide di stare a destra ama la Patria nel senso più genuino, più buono. Amare la propria Patria è amare le altre patrie. Rispetto per la mia Patria è rispetto per le altre patrie.
Nazionalista non vuol dire guerrafondaio. Non significa attaccare le altre patrie.
Insomma “ essere di destra” non è il male assoluto! L’accezione con cui la destra viene sempre dipinta corrisponde al falso assoluto! Spesso viene associata a una connotazione negativa
In realtà non è così. In realtà se si conoscessero le persone di destra si troverebbero persone che hanno sensibilità culturali esattamente come quelle di sinistra ma diverse.

E per concludere ritorno ad una celebre frase di Sandro Ciotti:
“Vorremmo che tra i molti effetti che questo titolo italiano conquistato dal Napoli sicuramente determinerà, se ne verificasse uno particolarmente simpatico. E cioè che il termine terrone, che noi tutti usiamo molto colpevolmente e senza arrossire dandogli un significato sminuente, diventasse invece un vestito nuovo. E significasse a partire da oggi gente innamorata della propria terra, gente capace di venire da New York per applaudire un’impresa sportiva.”

E per tutte queste e mille altre ragioni, il Presidente Emiliano non può svoltare a destra, né da solo né con altri.

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